3.7.13

4 E 37


DUE PAROLE:
UN PEZZO SCRITTO DA ASCOLTARE GUARDANDO FUORI DALLA FINESTRA. 
IL GRINZA ESISTE DAVVERO, FIDATEVI DI ME.


























FOTO FRANCESCO BERTOCCHINI







La neve è venuta e se ne è andata. Così, senza grandi rivoluzioni. Ho dormito da Dio per un paio di mattine, senza gli autobus a caricare ragazzini sotto la finestra del salotto. Che poi è anche l'ingresso, la cucina e la camera da letto. Solo il cesso ha le sue pareti in questa casa. Pareti, si, ma nessuna porta. La padrona di casa ha preferito mettere un tubo delle impalcature con una tenda appesa. La tenda è così lisa che ti accorgi che c'è solo quando ci sbatti la faccia. Ero proprio al cesso quando ha iniziato a nevicare. Lo so per certo, erano le 4 e 37. Secondo l'orologio appeso sopra il letto, che è anche il divano. Sono alla finestra che mi fumo una sigaretta. La moca lascia colare mezzo caffè tra il pezzo sopra e il pezzo sotto. Sento l’odore di bruciato e vado al cesso. Sbatto la faccia sulla tenda. Faccio due gocce. Esco e sbatto la faccia sulla tenda, mi incazzo e la strappo via. Vedo i fiocchi cadere. L'orologio segna le 4 e 37. Mi verso quel che resta del caffè pescando una tazza a caso dall'acquaio. Mi siedo davanti alla finestra aperta. I fiocchi che vengono giù. Ingoio il caffè. Fumo. Me ne vado a letto buttando la cicca sul tetto della pensilina degli autobus. Affonda nello straterello di neve e si spegne. Sopra di me abita un vecchio magrissimo. Non è gracile. E' un fascio di nervi. E' fatto di cuoio bruciato, come un portafogli di pelle tutto graffiato. I segni del pirografo. E' il Grinza. Una volta ho sentito dire che prende le punture per qualche schifo da vecchi ma io non ci credo, gli aghi si spezzano per forza su quella pellaccia dura. Lo chiamo il Grinza, con l'articolo. Il Grinza. Mi sveglio. La neve continua a cadere. Alla fermata dell'autobus non ci sono ragazzini maledetti che fanno a gara a chi ha il pisellino più lungo, perché è tutto coperto di neve. I mezzi pubblici non circolano, le scuole sono chiuse. E' chiusa anche la carrozzeria di fronte. La tettoia di lamiera è bianca sotto i due grandi platani. Fumo e getto le cicche sulla pensilina. Il Grinza quando è a casa trascina degli oggetti molto pesanti. Oggetti di ferro. Incudini. Tutto il tempo, non si ferma mai. Voglio andare a chiedergli le uova per vedere come è fatta casa sua. Per me ci sono solo scaffali di metallo pieni di valvole e pezzi di tubo. Magari anche il tubo della tenda viene da casa sua. Non dovrei chiedere delle uova, ma dei pezzi di ferro. Il parco è a mezzo isolato. I ragazzini potrebbero giocare per la strada, oggi. Quando tutto è coperto di neve che te ne frega se sotto c'è il prato o l’asfalto? Nulla. E invece no, sono tutti laggiù. Senza ragazzini giù alla fermata, bevo caffè e fumo in santa pace. Oggi me ne resto a casa. Il Grinza continua a muovere lastre di piombo. Fonde metalli pesanti. Il Grinza è un cacciatore. Lo incontro spesso quando rientro a casa, verso le cinque. Lui si è appena alzato. Mi sono perso i momenti migliori per starmene a casa,senza i pezzi di ferro che grattano il pavimento. O forse no. Le macchine. L’automazione dei processi della produzione dell’acciaio. Comunque deve dormire pochissimo, il Grinza. Ha sempre quello sguardo allucinato. Le prime volte che lo incontravo per le scale, tutto equipaggiato per sparare, pensavo che mi sarebbe schiattato tra le braccia. Che cazzo di sguardo allucinato. Che cazzo di cacciatore. Quando vado a sbirciare a casa sua invece delle uova dovrei chiedere delle pallottole. Mi sono addormentato a sedere davanti alla finestra aperta. Dovranno amputarmi una gamba. E' buio e ha smesso di nevicare. Voglia di uscire, ma è impossibile. Le scarpe hanno le suole bucate. Mi fumo una sigaretta, tremo, vuoto il posacenere rubato in quell'hotel sbattendolo sul davanzale. Vado a letto. L'orologio segna le 4 e 37. Il Grinza è furbo. Molto furbo. Quando avevo ancora i soldi per permettermi la macchina, i primi tempi che abitavo qui, una volta trovai due ruote forate. Era il giorno che avevo scoperto che Il Grinza era un cacciatore. Lo avevo incontrato sulle scale, e appena era uscito dal palazzo ero salito di un piano e gli avevo pisciato sullo zerbino. Non ho mai avuto simpatici i cacciatori e i loro cazzo di fucili. Ecco, tutte e due le ruote di dietro le avevo trovate forate. Il carrozziere mi disse che erano state forate con una grossa lama, un coltello. Come quello alla cintura de il Grinza. Non avevo i soldi per le gomme nuove, così avevo lasciato perdere. Invece comprai un arsenale di botti illegali. Per due mesi li ho lanciati sul terrazzo de il Grinza ogni volta che gli sentivo tirare lo sciacquone. Volevo farlo diventare matto. Ne ho lanciati anche parecchi sulla pensilina dell'autobus, la mattina, a quei fottutti ragazzetti. Non vi dico i casini col quartiere. I cani che impazzivano. Ma Il Grinza nulla, soldatino del cazzo. Un uomo tutto d'un pezzo. E' mattina, ma non riesco a dormire. La neve si scioglie dai tetti, gocciola dai platani sulla tettoia del carrozziere, sull'asfalto. Poi scivola nei tombini e si contamina di schifezze. Tutto questo liquefarsi mi fa venire un gran voglia di pisciare. La tenda è appallottolata in un angolo, raggiungere il cesso è così semplice. Mi metto li, lo tiro fuori e penso alla neve. Mi concentro sui colpetti ritmici sulla tettoia. Faccio altre due gocce. Chissà se torna a casa con qualche preda. Magari le imbalsama riempiendole di ferro. Appende alle pareti le teste piene di metallo. I trofei che si staccano e sfondano le mattonelle sulla mia testa. Le neve gocciola e io mi faccio un'altra pisciata. Sono pieno di sigarette e caffè. Posso resistere un'altra serata, un'altra nottata in attesa che se ne sciolga ancora un po’. Io a Il Grinza in vita mia ho detto solo due cose: "Salve" e "Un bastardo mi ha forato le ruote della macchina. Ha mica visto chi è stato?" Poca roba, ma lui è anche peggio. Nulla. Non mi ha mai parlato. Ha sempre e solo grugnito, con gli occhi sgranati di chi vede la morte in faccia e sta per schiattare. Che fosse vestito da cacciatore o elegante alla domenica, per la messa, per il cimitero o per il mercante del ferro, mi ha sempre e solo grugnito. Salve. Gnnn. Salve. Gnnn. Salve. Gn. Di poche parole, il terzo giorno. Il cappello mimetico in testa, il fucile a tracolla e gli occhi di sta per cacarsi addosso. Un bastardo mi ha forato le ruote della macchina. Ha mica visto chi è stato? Gnnn. Notte. Rumori dalla strada. Una voce catarrosa impreca con forza. E' la prima volta che la sento, ma non ho dubbi: è la voce de Il Grinza. E infatti è qui giù. Il Grinza è in mutande e ciabatte, tutto il cuoio esposto al gelo della poca neve rimasta. Ha il fucile in mano, e sta imprecando qualcosa mentre cammina avanti e indietro tra la tettoia del carrozziere e la pensilina degli autobus, qui sotto. Ogni tanto si ferma di spalle, rivolto verso i platani, prende la mira e poi si rimette a fare in su e in giù. E' proprio incazzato, esala vapore fetido nel freddo. Mi accendo una sigaretta mentre il vicinato impiccione inizia ad affacciarsi. Qualcuno dai piani sopra gli dice di tornarsene in casa, o si buscherà un malanno. Lui risponde qualcosa, la voce strozzata dalla rabbia. Wow. Non avevo mai notato che avesse una dentiera così bianca. Forse sono i riflessi della neve. Fa un'altra volta avanti e indietro e impreca. Ha le vene che scorrono come torrenti tra i solchi della fronte, rischia veramente un embolo per quanto è su di giri. Blatera qualcosa che da questa parte dei denti bianchissimi si sente appena: a quanto pare, per colpa della neve se l’è fatta addosso, povero diavolo. Tira il grilletto e con un colpo perfetto abbatte un ramo, che crolla di schianto sulla tettoia di lamiera. Schegge impazzite si piantano in quella sua pellaccia dura trafiggendola come il burro. Getto la cicca sulla pensilina, mentre Il Grinza sporca tutta la neve. Quando arrivano i primi soccorsi, l'orologio sulla parete segna le 4 e 37.

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